01/11/08
11/02/07
L'ALTRA FACCIA DELLA MEMORIA
"Si ammazza troppo poco!" - L'altra faccia della memoria
E’ giustissimo il 10 febbraio ricordare le vittime delle foibe ma penso che ancora una volta si sia persa un’occasione (ahi, Presidente!) per fare ulteriore chiarezza e giustizia su quello che fu il mattatoio dei Balcani nella seconda guerra mondiale.
Al giusto riconoscimento alle vittime delle foibe si attende da sessant’anni che si affianchi quello per le vittime dell’aggressione italiana alla Jugoslavia. Non per fare il solito sporco gioco del bilancino bipartisan che vuole soppesare le vittime e schierarle da una parte e dall’altra, ma semplicemente per ricordare che se vi furono vittime dimenticate, altre continuano ad esserlo e giustizia vorrebbe che fossero ricordate tutte.
La campagna italiana (fascista) in Jugoslavia fu condotta con pugno di ferro da generali come Roatta e Robotti, volonterosi alleati di Hitler nel progetto di “germanizzazione” dei Balcani. Proprio a Robotti si deve la frase che ho messo nel titolo: “Si ammazza troppo poco!”, a commento di un fonogramma inviatogli dal Capo di Stato Maggiore Galli nel 1942 con il resoconto di un rastrellamento in zona Travna Gora.All’Italia, come premio per l’impegno a fianco del Terzo Reich, furono assegnati i territori della provincia di Lubiana in Slovenia, il controllo del Regno di Croazia e il protettorato del Montenegro.Alleati dei fascisti italiani nella repressione tra gli altri di serbi, rom, ebrei ed oppositori erano i feroci Ustascia croati il cui capo, il collezionista di occhi nemici Ante Pavelic secondo Curzio Malaparte, fuggì in Argentina impunito grazie alla rete della Via dei Topi gestita con la complicità del Vaticano, della quale ho parlato in un post precedente.Durante l’occupazione italiana, la popolazione slovena fu sottoposta a deportazione in campi di concentramento in Jugoslavia (come il famigerato Arbe al quale si riferisce la foto) e anche in Italia per far posto alla colonizzazione fascista. Qui trovate un articolo sul campo di concentramento di Alatri e le foto (questo sito contiene altre testimonianza delle atrocità alle quale parteciparono gli italiani, con immagini estremamente crude).Sui crimini di guerra italiani, di cui la Jugoslavia fu soltanto uno dei teatri oltre l’Africa Orientale e la Libia, permane una congiura del silenzio che può essere spiegata solo con i sordidi interessi della guerra fredda.Invano il governo jugoslavo chiese per molti anni che i criminali di guerra italiani fossero estradati per essere giudicati. Per loro non vi fu mai alcuna Norimberga, perchè godettero sempre di protezioni politiche e diplomatiche. Non vi fu mai una discussione sui crimini di guerra italiani semplicemente perché si decise di farli scomparire e di inventare al loro posto la leggenda degli “italiani brava gente”.Molti anni fa, ormai venti, la BBC realizzò un documentario, “Fascist Legacy”, avvalendosi della collaborazione di storici come Michael Palumbo, autore anche di un volume sui crimini di guerra italiani che mai passò le maglie della censura e rimase inedito.Questo documentario diviso in due parti, una dedicata al teatro jugoslavo e l’altro a quello africano, è una visione illuminante per coloro che sono cresciuti con l’idea che l’italiano in guerra non ha mai fatto male ad una mosca. Vi si parla di orrori, di esecuzioni sommarie, di campi di concentramento come Arbe in Croazia, dove i vivi venivano lasciati morire di fame in condizioni igieniche spaventose e i morti venivano seppelliti a tre per ogni fossa.E’ una visione che fa star male, perché ci si sente traditi, ci si vergogna non solo di ciò che è stato fatto da nostri connazionali, ma anche per l’impunità della quale hanno in seguito goduto.Un’impunità che era probabilmente voluta un po’ da tutti, anche da coloro che per nascondere le proprie magagne hanno lasciato che su queste infamie calasse l'oblio. Fu Togliatti a firmare l'amnistia che diede un fenomenale colpo di spugna ai crimini fascisti. Tu lascia stare i miei e io lascio stare i tuoi, alla faccia dei morti. Se delle foibe non si è parlato per decenni nulla mi vieta di pensare che fosse dovuto anche a questo patto bipartisan del silenzio.Tornando al documentario di Ken Kirby, fu acquistato e doppiato dalla RAI ma mai messo in onda. E’ stato presentato a mezzanotte da La7 un paio di anni fa o più, alla chetichella, e riproposto in seguito da History Channel nel pacchetto Sky. Avrei voluto proporvelo ma non l’ho trovato in rete.In compenso in Internet si trovano molti documenti e materiali su quelle pagine oscure della nostra storia. Qui troverete un esauriente catalogo di articoli sulla campagna italiana nei Balcani, le foibe e il cover-up dei crimini italiani.In questa strana memoria settoriale della storia dove, a seconda delle simpatie, le vittime possono essere ricordate o meno, spero che un giorno, oltre alle vittime delle foibe (tutte, non solo quelle italiane), si ricordino anche le altre.I deportati sloveni, gli internati di uno dei campi di sterminio più terribili come Jasenovac, tomba di ebrei, musulmani, serbi e rom, gestito dai nostri alleati di allora, lo chiedono invano da sessantadue anni.
http://ilblogdilame duck.blogspot. com/
E’ giustissimo il 10 febbraio ricordare le vittime delle foibe ma penso che ancora una volta si sia persa un’occasione (ahi, Presidente!) per fare ulteriore chiarezza e giustizia su quello che fu il mattatoio dei Balcani nella seconda guerra mondiale.
Al giusto riconoscimento alle vittime delle foibe si attende da sessant’anni che si affianchi quello per le vittime dell’aggressione italiana alla Jugoslavia. Non per fare il solito sporco gioco del bilancino bipartisan che vuole soppesare le vittime e schierarle da una parte e dall’altra, ma semplicemente per ricordare che se vi furono vittime dimenticate, altre continuano ad esserlo e giustizia vorrebbe che fossero ricordate tutte.
La campagna italiana (fascista) in Jugoslavia fu condotta con pugno di ferro da generali come Roatta e Robotti, volonterosi alleati di Hitler nel progetto di “germanizzazione” dei Balcani. Proprio a Robotti si deve la frase che ho messo nel titolo: “Si ammazza troppo poco!”, a commento di un fonogramma inviatogli dal Capo di Stato Maggiore Galli nel 1942 con il resoconto di un rastrellamento in zona Travna Gora.All’Italia, come premio per l’impegno a fianco del Terzo Reich, furono assegnati i territori della provincia di Lubiana in Slovenia, il controllo del Regno di Croazia e il protettorato del Montenegro.Alleati dei fascisti italiani nella repressione tra gli altri di serbi, rom, ebrei ed oppositori erano i feroci Ustascia croati il cui capo, il collezionista di occhi nemici Ante Pavelic secondo Curzio Malaparte, fuggì in Argentina impunito grazie alla rete della Via dei Topi gestita con la complicità del Vaticano, della quale ho parlato in un post precedente.Durante l’occupazione italiana, la popolazione slovena fu sottoposta a deportazione in campi di concentramento in Jugoslavia (come il famigerato Arbe al quale si riferisce la foto) e anche in Italia per far posto alla colonizzazione fascista. Qui trovate un articolo sul campo di concentramento di Alatri e le foto (questo sito contiene altre testimonianza delle atrocità alle quale parteciparono gli italiani, con immagini estremamente crude).Sui crimini di guerra italiani, di cui la Jugoslavia fu soltanto uno dei teatri oltre l’Africa Orientale e la Libia, permane una congiura del silenzio che può essere spiegata solo con i sordidi interessi della guerra fredda.Invano il governo jugoslavo chiese per molti anni che i criminali di guerra italiani fossero estradati per essere giudicati. Per loro non vi fu mai alcuna Norimberga, perchè godettero sempre di protezioni politiche e diplomatiche. Non vi fu mai una discussione sui crimini di guerra italiani semplicemente perché si decise di farli scomparire e di inventare al loro posto la leggenda degli “italiani brava gente”.Molti anni fa, ormai venti, la BBC realizzò un documentario, “Fascist Legacy”, avvalendosi della collaborazione di storici come Michael Palumbo, autore anche di un volume sui crimini di guerra italiani che mai passò le maglie della censura e rimase inedito.Questo documentario diviso in due parti, una dedicata al teatro jugoslavo e l’altro a quello africano, è una visione illuminante per coloro che sono cresciuti con l’idea che l’italiano in guerra non ha mai fatto male ad una mosca. Vi si parla di orrori, di esecuzioni sommarie, di campi di concentramento come Arbe in Croazia, dove i vivi venivano lasciati morire di fame in condizioni igieniche spaventose e i morti venivano seppelliti a tre per ogni fossa.E’ una visione che fa star male, perché ci si sente traditi, ci si vergogna non solo di ciò che è stato fatto da nostri connazionali, ma anche per l’impunità della quale hanno in seguito goduto.Un’impunità che era probabilmente voluta un po’ da tutti, anche da coloro che per nascondere le proprie magagne hanno lasciato che su queste infamie calasse l'oblio. Fu Togliatti a firmare l'amnistia che diede un fenomenale colpo di spugna ai crimini fascisti. Tu lascia stare i miei e io lascio stare i tuoi, alla faccia dei morti. Se delle foibe non si è parlato per decenni nulla mi vieta di pensare che fosse dovuto anche a questo patto bipartisan del silenzio.Tornando al documentario di Ken Kirby, fu acquistato e doppiato dalla RAI ma mai messo in onda. E’ stato presentato a mezzanotte da La7 un paio di anni fa o più, alla chetichella, e riproposto in seguito da History Channel nel pacchetto Sky. Avrei voluto proporvelo ma non l’ho trovato in rete.In compenso in Internet si trovano molti documenti e materiali su quelle pagine oscure della nostra storia. Qui troverete un esauriente catalogo di articoli sulla campagna italiana nei Balcani, le foibe e il cover-up dei crimini italiani.In questa strana memoria settoriale della storia dove, a seconda delle simpatie, le vittime possono essere ricordate o meno, spero che un giorno, oltre alle vittime delle foibe (tutte, non solo quelle italiane), si ricordino anche le altre.I deportati sloveni, gli internati di uno dei campi di sterminio più terribili come Jasenovac, tomba di ebrei, musulmani, serbi e rom, gestito dai nostri alleati di allora, lo chiedono invano da sessantadue anni.
http://ilblogdilame duck.blogspot. com/
04/02/07
87 "MORTI BIANCHE" A GENNAIO
Dalla: Conferenza Nazionale "Salute e Sicurezza sul Lavoro"
Napoli 25-26 gennaio
"...se la sicurezza è vita, la garanzia della sicurezza è condizione di civiltà e di giustizia nel nostro ..."
(Il Presidente G. Napolitano).
Il 2007 è iniziato solo da un mese e già contiamo 87 morti sul lavoro.
esiste un nesso forte tra sicurezza e modello di sviluppo, e per quanto possa sembrare incredibile in Italia si muore oggi sul lavoro come cinquant’anni fa
È ormai divenuta intollerabile la vergogna dell'incredibile numero di infortuni sul lavoro.
Il messaggio del presidente Napolitano, il primo presidente della Repubblica – credo - che abbia affrontato in modo deciso e senza ipocrisie il grave problema della sicurezza sul lavoro, parlando di “piaga delle morti bianche”.
La prima delle Commissioni lavoro riunite di Camera e Senato, ha messo il dito sulla piaga, rilevando che l’unico modo per uscire da questa tragica catena di infortuni è quello di puntare su una strategia comune e centrale, tale da unificare tutti gli sforzi.
È necessario un maggiore coordinamento di tutte le istituzioni, enti e forze che hanno compiti di vigilanza, con un coinvolgimento degli EE.LL. ed in particolare delle Regioni.
Bisogna prevedere norme ed automatismi nell'applicazione del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, collegate a forme di incentivazione per le imprese tali da introdurre elementi concreti di conflitto di interessi, in modo tale da determinare un vantaggio per le imprese sane e produttive nell'introduzione di sistemi efficaci di prevenzione degli infortuni e di tutela della salute dei lavoratori.
Tuttavia è necessario precisare che qualsiasi provvedimento non deve andare disgiunto da una drastica riduzione del lavoro precario. Sicurezza e precarietà sono le due facce di una stessa medaglia. Infatti la condizione contrattuale del lavoratore è collegata e determinante nella percezione del fattore sicurezza e nella possibilità di chiedere maggiori tutele: solo chi non è troppo preoccupato di perdere il proprio posto di lavoro può vigilare ed occuparsi di prevenzione e sicurezza.
La catena degli appalti e subappalti (spesso al “massimo ribasso”) che deresponsabilizza i soggetti contraenti delle attività produttive, produce lavoro nero, sfruttamento minorile e una generale condizione di precarietà.
A questi, bisogna aggiungere le invalidità, le malattie professionali e gli enormi danni ambientali, che producono nel territorio ed alla salute delle popolazioni vicine ad impianti che non rispettano le norme di sicurezza.
Esiste infatti un nesso tra infortuni e malattie professionali e la salute pubblica, sarebbe un grave errore separarli. La costruzione di una cultura della sicurezza passa anche attraverso una riflessione profonda sul tema della salute pubblica e la salvaguardia dell’ambiente.
Appunti tratti da : http://www.comunisti-italiani.it
Messaggio di Giorgio Napolitano alla conferenza “Salute e Sicurezza sul Lavoro”
Più tutele e meno precarietà – di Dino Tibaldi
Una cultura della sicurezza – di Gianni Pagliarini
Dalla conferenza di Napoli la voce dei RL
Napoli 25-26 gennaio
"...se la sicurezza è vita, la garanzia della sicurezza è condizione di civiltà e di giustizia nel nostro ..."
(Il Presidente G. Napolitano).
Il 2007 è iniziato solo da un mese e già contiamo 87 morti sul lavoro.
esiste un nesso forte tra sicurezza e modello di sviluppo, e per quanto possa sembrare incredibile in Italia si muore oggi sul lavoro come cinquant’anni fa
È ormai divenuta intollerabile la vergogna dell'incredibile numero di infortuni sul lavoro.
Il messaggio del presidente Napolitano, il primo presidente della Repubblica – credo - che abbia affrontato in modo deciso e senza ipocrisie il grave problema della sicurezza sul lavoro, parlando di “piaga delle morti bianche”.
La prima delle Commissioni lavoro riunite di Camera e Senato, ha messo il dito sulla piaga, rilevando che l’unico modo per uscire da questa tragica catena di infortuni è quello di puntare su una strategia comune e centrale, tale da unificare tutti gli sforzi.
È necessario un maggiore coordinamento di tutte le istituzioni, enti e forze che hanno compiti di vigilanza, con un coinvolgimento degli EE.LL. ed in particolare delle Regioni.
Bisogna prevedere norme ed automatismi nell'applicazione del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, collegate a forme di incentivazione per le imprese tali da introdurre elementi concreti di conflitto di interessi, in modo tale da determinare un vantaggio per le imprese sane e produttive nell'introduzione di sistemi efficaci di prevenzione degli infortuni e di tutela della salute dei lavoratori.
Tuttavia è necessario precisare che qualsiasi provvedimento non deve andare disgiunto da una drastica riduzione del lavoro precario. Sicurezza e precarietà sono le due facce di una stessa medaglia. Infatti la condizione contrattuale del lavoratore è collegata e determinante nella percezione del fattore sicurezza e nella possibilità di chiedere maggiori tutele: solo chi non è troppo preoccupato di perdere il proprio posto di lavoro può vigilare ed occuparsi di prevenzione e sicurezza.
La catena degli appalti e subappalti (spesso al “massimo ribasso”) che deresponsabilizza i soggetti contraenti delle attività produttive, produce lavoro nero, sfruttamento minorile e una generale condizione di precarietà.
A questi, bisogna aggiungere le invalidità, le malattie professionali e gli enormi danni ambientali, che producono nel territorio ed alla salute delle popolazioni vicine ad impianti che non rispettano le norme di sicurezza.
Esiste infatti un nesso tra infortuni e malattie professionali e la salute pubblica, sarebbe un grave errore separarli. La costruzione di una cultura della sicurezza passa anche attraverso una riflessione profonda sul tema della salute pubblica e la salvaguardia dell’ambiente.
Appunti tratti da : http://www.comunisti-italiani.it
Messaggio di Giorgio Napolitano alla conferenza “Salute e Sicurezza sul Lavoro”
Più tutele e meno precarietà – di Dino Tibaldi
Una cultura della sicurezza – di Gianni Pagliarini
Dalla conferenza di Napoli la voce dei RL
03/02/07
ALTRO CHE SPORT
BASTA!
Abbiamo il massimo rispetto per gli sportivi e tifosi delle squadre di calcio, e proprio per questo non possiamo più tollerare che avvengano di questi tragici fatti.Per troppo tempo il "mondo" del calcio ha minimizzato la violenza che si sviluppa negli stadi, è ora di dire BASTA!
MORTO POLIZIOTTO: LICANDRO (PDCI), ATTI DI BARBARIE. IL GOVERNO INTERVENGA DURAMENTE
Il deputato dei Comunisti Italiani Orazio Licandro ha espresso cordoglio, a nome proprio e del Partito, per la morte del poliziotto, ieri sera a Catania durante gli scontri allo stadio.Si tratta, per Licandro, di “una vicenda tragica di un lavoratore e padre di famiglia, vittima di un clima e di una cultura violenta che ormai dilaga nella città. Sempre più lo sport non è un momento di passione e spensieratezza, ma diventa anche l’occasione per atti criminali, per lo sfogo di istinti primordiali e violenti, rispetto ai quali non sono aliene esecrabili ideologie politiche. Non ci si rende conto che fatti del genere gettano nella barbarie un’intera comunità, distruggono vite umane e colpiscono il mondo dello sport nel suo complesso”. Per il parlamentare del Pdci, “non c’è dubbio che il governo abbia tutto il dovere di intervenire con le misure più dure al riguardo”. “Il sindaco non l’ha ancora detto – ha aggiunto Licandro -: noi lo invitiamo invece a prendere questa decisione, di proclamare il lutto cittadino. E forse anche le autorirà religiose dovrebbero prendere in considerazione l’ipotesi di una sospensione dei festeggiamenti in onore di Sant’Agata”.
Catania, 3 febbraio 2006
30/01/07
Invisible News: Adrano (CT):Un vile e criminale atto fascista nel "Giorno della Memoria”
Invisible News: Adrano (CT):Un vile e criminale atto fascista nel "Giorno della Memoria”
Incredibile! Qualche individuo di Adrano, da una TV locale, ha voluto dare delle interpretazioni a questo vile atto, elucubrando delle fantastiche teorie su gruppi anarco-insurrezionalisti ed altro.
Non degniamo di nessuna considerazione tale individuo che anzicchè esprimere parole di condanna per il fatto in sè, elabora delle fantastiche teorie.
Bene ha fatto il consigliere provinciale G. Caruso ad esternare il suo sdegno e di tutto il PDCI della provincia, per il vile atto contro l'eroico martire del fascismo prof. Carmelo Salanitro.
Di seguito il comunicato stampa del Cons. Giovanni Caruso:
Sabato 27 gennaio è stata commemorata la giornata della memoria. In tutta Italia ed in altri paesi europei si sono tenute manifestazioni e cerimonie per ricordare le persecuzioni nazifasciste degli ebrei e l’abominio dei campi di sterminio.Anche ad Adrano si è svolta una manifestazione in ricordo di Carmelo Salanitro, insegnante di lettere impegnato nelle istituzioni democratiche, la cui unica “colpa” è stata quella di non aver aderito al regime fascista e per questo denunciato dal suo Preside, incarcerato, deportato ed ucciso a Mauthausen.La notte seguente uno o più vigliacchi hanno rovesciato il busto di Salanitro, posto nel giardino comunale, ed imbrattato per terra con scritte idiote.Il gesto si commenta da se, la condanna, durissima, va invece gridata forte nei confronti di chi, forse ispirandosi ad un fascismo morto da più di 60 anni e ripudiato dall’Italia, anche nella costituzione, si comporta da codardo e crede di sentirsi uomo agendo da vigliacco.Ancora più meschini sono coloro che mettono in giro voci false, secondo le quali gli autori delle scritte sarebbero stati i giovani della sinistra. Solo un idiota può pensare che la sinistra faccia oltraggio ad un antifascista.In veste di Consigliere Provinciale, di esponente comunista, ma innanzitutto come cittadino, insieme alla Sezione del PDCI di Adrano, manifesto un assoluto disprezzo, per il gesto e per i mentecatti che lo hanno fatto, e penso con tristezza che qualcuno ha cercato di trasformare il giorno della memoria nel giorno della vergogna, della menzogna e dell’idiozia.
Giovanni Caruso
Incredibile! Qualche individuo di Adrano, da una TV locale, ha voluto dare delle interpretazioni a questo vile atto, elucubrando delle fantastiche teorie su gruppi anarco-insurrezionalisti ed altro.
Non degniamo di nessuna considerazione tale individuo che anzicchè esprimere parole di condanna per il fatto in sè, elabora delle fantastiche teorie.
Bene ha fatto il consigliere provinciale G. Caruso ad esternare il suo sdegno e di tutto il PDCI della provincia, per il vile atto contro l'eroico martire del fascismo prof. Carmelo Salanitro.
Di seguito il comunicato stampa del Cons. Giovanni Caruso:
Sabato 27 gennaio è stata commemorata la giornata della memoria. In tutta Italia ed in altri paesi europei si sono tenute manifestazioni e cerimonie per ricordare le persecuzioni nazifasciste degli ebrei e l’abominio dei campi di sterminio.Anche ad Adrano si è svolta una manifestazione in ricordo di Carmelo Salanitro, insegnante di lettere impegnato nelle istituzioni democratiche, la cui unica “colpa” è stata quella di non aver aderito al regime fascista e per questo denunciato dal suo Preside, incarcerato, deportato ed ucciso a Mauthausen.La notte seguente uno o più vigliacchi hanno rovesciato il busto di Salanitro, posto nel giardino comunale, ed imbrattato per terra con scritte idiote.Il gesto si commenta da se, la condanna, durissima, va invece gridata forte nei confronti di chi, forse ispirandosi ad un fascismo morto da più di 60 anni e ripudiato dall’Italia, anche nella costituzione, si comporta da codardo e crede di sentirsi uomo agendo da vigliacco.Ancora più meschini sono coloro che mettono in giro voci false, secondo le quali gli autori delle scritte sarebbero stati i giovani della sinistra. Solo un idiota può pensare che la sinistra faccia oltraggio ad un antifascista.In veste di Consigliere Provinciale, di esponente comunista, ma innanzitutto come cittadino, insieme alla Sezione del PDCI di Adrano, manifesto un assoluto disprezzo, per il gesto e per i mentecatti che lo hanno fatto, e penso con tristezza che qualcuno ha cercato di trasformare il giorno della memoria nel giorno della vergogna, della menzogna e dell’idiozia.
Giovanni Caruso
06/01/07
FAVA 23 ANNI DOPO
23° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI GIUSEPPE FAVA
Un anno fà, (leggi il mio 2° post in questo sito) commemoravo la morte di Giuseppe Fava, un ricordo che non deve essere cancellato, per onorare la sua memoria e sopratutto per solidarietà a tutti quelli impegnati nella lotta alla mafia.
Ricevo una e-mail, relativa alla commemorazione avvenuta ieri a Catania che pubblico integralmente.
Poche ore fa, alla commemorazione per il 23° anniversario della morte di Giuseppe Fava, l'impegno parlamentare antimafia del Partito dei Comunisti Italiani e del compagno Orazio Licandro ha incassato un fragoroso riconoscimento. L'occasione era di assoluto rilievo: la consegna del 1° premio nazionale per il giornalismo d'inchiesta, intitolato al fondatore de "I Siciliani", proprio nell' occasione della commemorazione annuale della sua straordinaria figura. La sala era stracolma, così come l'attigua sala, attrezzata di maxischermo. Ad aggiudicarsi il premio è stato Fabrizio Gatti, l'ormai celebre inviato de "L'Espresso" , con la sua inchiesta sul caporalato e sullo sfruttamento della manodopera migrante in Puglia. Il dibattito, che ha preceduto la premiazione, è stato coordinato da Claudio Fava e ha visto la partecipazione, oltre che di Fabrizio Gatti, di Michele Gambino (giornalista e redattore, della prima ora, de "I Siciliani") e di Marco Travaglio.
Brillante e corrosivo come sempre, il Marco non s'è fatto pregare: se n'è uscito raccontando la vicenda del dibattito, in commissione Affari costituzionali, sul regolamento per l'istituzione della Commissione parlamentare antimafia. Ha attaccato pubblicamente Forgione e Violante per il rifiuto opposto all'emendamento di Licandro; a quell' emendamento, teso a proibire l'ammissione nell'organismo di parlamentari inquisiti per associazione mafiosa o con sentenze passate in giudicato. Subito dopo, ha continuato a strapazzare Forgione per la contropartita incassata (i voti dell'opposizione per l'elezione a presidente) e ha lodato Licandro (presente in platea) per l'iniziativa emendativa, poi regolarmente bocciata al momento della riproposizione alla Camera dei deputati, per l'approvazione definitiva (solo 26 voti favorevoli su 630!) (vedi altro post del 09 luglio 2006) . I rifondaioli presenti sono sbiancati e non solo quelli d'osservanza bertinottiana: De Cristofaro, capo de "l'Ernesto" a Catania, è andato via visibilmente provato. Con questa serata, il PdCI seguita ad accreditarsi quale forza di riferimento, corente e rappresentativa, nell'odierno panorama della sinistra italiana e, nel frattempo, rinnova coi fatti e sui contenuti la sua proposta unitaria, non disgiunta da autonomia ed egemonia, per una futura Confederazione della sinistra.
Avanti così, compagni!
enrico sciuto
Un anno fà, (leggi il mio 2° post in questo sito) commemoravo la morte di Giuseppe Fava, un ricordo che non deve essere cancellato, per onorare la sua memoria e sopratutto per solidarietà a tutti quelli impegnati nella lotta alla mafia.
Ricevo una e-mail, relativa alla commemorazione avvenuta ieri a Catania che pubblico integralmente.
Poche ore fa, alla commemorazione per il 23° anniversario della morte di Giuseppe Fava, l'impegno parlamentare antimafia del Partito dei Comunisti Italiani e del compagno Orazio Licandro ha incassato un fragoroso riconoscimento. L'occasione era di assoluto rilievo: la consegna del 1° premio nazionale per il giornalismo d'inchiesta, intitolato al fondatore de "I Siciliani", proprio nell' occasione della commemorazione annuale della sua straordinaria figura. La sala era stracolma, così come l'attigua sala, attrezzata di maxischermo. Ad aggiudicarsi il premio è stato Fabrizio Gatti, l'ormai celebre inviato de "L'Espresso" , con la sua inchiesta sul caporalato e sullo sfruttamento della manodopera migrante in Puglia. Il dibattito, che ha preceduto la premiazione, è stato coordinato da Claudio Fava e ha visto la partecipazione, oltre che di Fabrizio Gatti, di Michele Gambino (giornalista e redattore, della prima ora, de "I Siciliani") e di Marco Travaglio.
Brillante e corrosivo come sempre, il Marco non s'è fatto pregare: se n'è uscito raccontando la vicenda del dibattito, in commissione Affari costituzionali, sul regolamento per l'istituzione della Commissione parlamentare antimafia. Ha attaccato pubblicamente Forgione e Violante per il rifiuto opposto all'emendamento di Licandro; a quell' emendamento, teso a proibire l'ammissione nell'organismo di parlamentari inquisiti per associazione mafiosa o con sentenze passate in giudicato. Subito dopo, ha continuato a strapazzare Forgione per la contropartita incassata (i voti dell'opposizione per l'elezione a presidente) e ha lodato Licandro (presente in platea) per l'iniziativa emendativa, poi regolarmente bocciata al momento della riproposizione alla Camera dei deputati, per l'approvazione definitiva (solo 26 voti favorevoli su 630!) (vedi altro post del 09 luglio 2006) . I rifondaioli presenti sono sbiancati e non solo quelli d'osservanza bertinottiana: De Cristofaro, capo de "l'Ernesto" a Catania, è andato via visibilmente provato. Con questa serata, il PdCI seguita ad accreditarsi quale forza di riferimento, corente e rappresentativa, nell'odierno panorama della sinistra italiana e, nel frattempo, rinnova coi fatti e sui contenuti la sua proposta unitaria, non disgiunta da autonomia ed egemonia, per una futura Confederazione della sinistra.
Avanti così, compagni!
enrico sciuto
30/12/06
Cari compagni ed amici, ho deciso di costruire questo blog, dove
potete iscrivervi e quindi inserire fatti, critiche, commenti sulla
politica generale e particolare della nostra zona.
potete iscrivervi e quindi inserire fatti, critiche, commenti sulla
politica generale e particolare della nostra zona.
Spero che sarete in tanti a collaborare facendo circolare informazioni utili su quanto avviene intorno a noi.
Intanto invio il manifesto del PdCI relativo all'emendamento che abbiamo inserito nella finanziaria, a difesa dei precari.
Cari saluti, piero
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